qualche anno fa, durante le giornate del cinema italiano organizzate presso il Lincoln Centre a New York, ebbi la fortuna di passare con Lei un intero pomeriggio, passeggiando per le strade della Grande Mela, guardando gli americani, fermandoci in un paio di bar, facendo colazione insieme, scendendo da due taxi di indiani sik, fortuna che per me si concretizzò nel fatto che per qualche ora potei ascoltare le sue parole in intimità e confidenza da italiani in vacanza all'estero, con quel tanto di comico che fa sempre sentire appiccicato "l'estero" addosso a chi vi cade brancaleonescamente dentro. Inutile dire che fu un momento divertentissimo ed indimenticabile, e ovviamente istruttivo.
Maestro, l'ho sempre considerata uno degli uomini più importanti della storia del cinema di tutti i tempi.
Voglio dirle che mi ha sempre sorpreso immensamente per la sua schiettezza ed ironia, spesso divertito cinismo, su tutto quello che passandole davanti riusciva a "bloccare", fotografare, leggere al di là del banale, della convenzione, del moralismo, e della superficie di comodo, elaborare, riproporre con ironia, realizzando una vera e propria filosofia del vivere che non ha pari, sia umanamente che artisticamente, illuminando le cose con pura verità ed unica capacità di sguardo. Ciò che di Lei mi colpisce, è la fondamentale giustezza algebrica delle sue idee, dei suoi valori. E la totale mancanza di sovrastruttura nel giudizio, la sua trasparentissima capacità di non farsi prendere in giro prendendosi costantemente poco sul serio in quella disciplina sottile e raffinatissima dell'ironia ed autorinoia che solo i grandi possono mettere in campo con una abilità sapiente che viene dall'aver vissuto e fatto le cose e non nell' averle solo pensate, o per sentito dire, vissute tramite altri.
Non spreca le parole Monicelli, è sempre di una essenzialità romanica, dura, sana, umanissima, il suo occhio luminoso e profondo mi ha sempre rimandato sensazioni antiche e grandiose, di cinema e di vita ed anche di eroismo, una cifra che ha manifestato, checchè qualcuno verrà a dirci, fino all'ultimo respiro.
Grazie Maestro, forse lei, come già fece a New York, mi sbeffeggerebbe per il titolo che uso rivolgendomi a lei, intimadomi di chiamarla Mario, ma non saprei cos'altro fare per riferirmi a lei in questo momento doloroso, e a lei sento di dover sin d'ora dedicare col cuore questo film che sto realizzando, perchè nessuno di noi che l' ha conosciuta, vista, ascoltata, letta, non può, amandola, seguendola idealmente, non sentirsi figlio suo, figli di un padre che vive sempre in noi per quanto scrisse, girò e raccontò, sullo schermo, sui giornali, in quelle passeggiate indimenticabili nell'animo umano che furono le sue opere ed il suo impegno.
Mi mancherà immensamente, ma in questo difficile momento credo che il suo esempio potrà davvero diventare la bussola che la nostra Cultura sta cercando.
Con affetto.
Eugenio Cappuccio