mercoledì 30 marzo 2011

Fabrizio Buompastore racconta l'Emissario e la sua esperienza sul set

Conosco Eugenio Cappuccio da dieci anni, avevo iniziato a collaborare con lui preparando L’attore, un suo film indipendente, poi interrotto e rinviato. Nel frattempo è arrivato questo nuovo progetto: ho superato un paio di provini e sono stato confermato nel ruolo dell’emissario di un agente di spettacolo che viene mandato in Puglia per rintracciare il protagonista - il cantante in disarmo Piero Cicala (Emilio Solfrizzi) - ed offrirgli di tornare ad esibirsi in un popolare programma tv. Quando finalmente lo troverà, non sarà semplice convincere l’uomo che si ritrova davanti precocemente invecchiato, ingrassato, con pochi capelli e senza nessuna voglia di tornare indietro e di lasciare il ristorante della sua ex moglie. 
Alla fine riuscirà a portarlo con sé a Roma. Una volta arrivati in città, l'Emissario accompagnerà Piero in un grande albergo del centro, dove incontrerà per la prima volta la superstar Talita Cortès (Belén Rodríguez) che gli cambierà la vita; in seguito, terrorizzato dall’agente che gli intima di farlo entrare in studio ad ogni costo, riuscirà a portarlo finalmente nel teatro da cui il programma andrà in onda.
La cosa interessante del mio personaggio, è vedere come alla fine si libererà del suo ingombrante capo, sino a proporre a Cicala, nel frattempo tornato al successo, di diventare un suo cliente: da allora in poi si intuisce che i due continueranno a collaborare insieme.

Fabrizio Buompastore con Totò Onnis
 Eugenio Cappuccio è un regista ‘chirurgico’: sebbene sia aperto alle eventuali modifiche ‘sul campo’, vuole vedere rappresentati in scena i quadri che ha dipinto nella sua testa, esattamente come li ha pensati. Per noi attori lavorare con lui significa impegnarsi, anche su tutta una serie di microsfaccettature dei personaggi, anche per quanto riguarda i ruoli minori che spesso vengono lasciati al caso: non ci può essere margine di errore neanche in un movimento di palpebra.
Emilio Solfrizzi ed io siamo entrambi di Bari, e proveniamo dallo stesso quartiere, Poggiofranco, ma non c’eravamo mai incontrati prima di questa occasione in cui abbiamo familiarizzato facilmente grazie ad un dialogo costante e sincero.
Devo dire che, a parte un paio di scene molto divertenti con Iaia Forte, attrice straordinaria, ho vissuto la lavorazione a pieno regime soprattutto con Emilio: mi ha fatto molto piacere costruire insieme a lui le varie situazioni, non solo quelle di parola ma anche quelle di pensiero, giorno dopo giorno e sera dopo sera. A Savelletri anche dopo le riprese “staccavamo” raramente… Recito da 12 anni, e non ho mai trovato grandi attori che avessero una disponibilità al confronto, simile a quella che Solfrizzi ha sempre: è un artista che ha un amore viscerale e istintivo per il proprio lavoro, e in questo caso credo che abbia sentito il suo personaggio in una maniera toccante e quasi dolorosa.

Fabrizio Buompastore con Iaia Forte ed Emilio Solfrizzi

martedì 29 marzo 2011

Iaia Forte racconta Marta

Marta è la moglie del protagonista Piero Cicala (Emilio Solfrizzi), la proprietaria del ristorante pugliese in cui lui lavora: un’ex cantante neomelodica napoletana che ha lasciato la professione per seguire suo marito, continuando con incessanti recriminazioni ad imputare a lui questa scelta.
È un personaggio molto bello perché tragicomico: è lei il vero “uomo di casa”, la capofamiglia, una donna energica e in qualche modo anche violenta che governa tutto e tutti, a cominciare dal suo uomo deluso, bevitore e leggermente depresso, che si dimostrerà capace di riaccogliere con amore dopo la sua incredibile avventura romana e americana, ritrovando con lui un rapporto finalmente pacificato.
In questo film abbiamo avuto la fortuna di interagire con una splendida “scuola pugliese” di attori, spesso di origine teatrale, in grado di “passare la palla” molto bene in scena; e quella anche di trovarci in un luogo splendido come Savelletri, dove il rapporto con il set si è rivelato molto piacevole, anche perché si mangiava benissimo.

In teatro recito quasi sempre testi e personaggi molto tragici. Al cinema, invece, mi piace “giocare” su altre corde: in genere mi sento a mio agio con le persone che mi corrispondono, e in questa occasione abbiamo trovato subito la dimensione giusta per rapportarci sia con Cappuccio sia con Solfrizzi; ho sentito con loro una corrispondenza non solo anagrafica, ma anche nel modo di percepire il nostro lavoro. Emilio Solfrizzi è un interprete finissimo: è stato facile “giocare” con lui in scena, sia per quanto riguarda la dimensione comica, sia per quella più drammatica e violenta. Eugenio Cappuccio si è formato come me, frequentando il Centro Sperimentale di Cinematografia, ma in anni diversi: ci conoscevamo da tempo, ma non avevamo mai lavorato insieme. Il set è l’elemento naturale di Eugenio, quello che gli è più affine: è un regista autorevole ma caldo; ha uno sguardo molto attento sugli attori; è molto interessato al lavoro sulla recitazione, e per un interprete è facile abbandonarsi con fiducia alla sua direzione.

lunedì 28 marzo 2011

Totò Onnis racconta Gianni Ciola

Interpreto Gianni Ciola, che ai nostri giorni è il barbiere del paese ed è il migliore amico del protagonista Piero Cicala (Emilio Solfrizzi): è una sorta di Frank Zappa di provincia coi baffoni, con la costante fissazione per la musica “metallica”, e il costante rimpianto dei bei tempi, quando c’erano i magnifici C.C.C. (Cicala, Ciola e la buonanima di Vito Corrente). Nel momento dell’improvvisa possibile rinascita artistica di Piero, Gianni intuirà le potenziali premesse per la propria neocarriera al suo seguito: lo spronerà con entusiasmo ad accettare l’invito al programma tv di vecchie glorie I migliori anni; grazie alla propria abilità di parrucchiere, sarà l’artefice del nuovo look ricco di extension e tinture destinato a caratterizzare il Cicala rinato…

La sceneggiatura del film era molto dettagliata: era tutto descritto e stabilito molto bene, anche se qualche volta Cappuccio e Solfrizzi decidevano qualche piccola modifica in corsa. Credo che si tratti di un bell’esempio di commedia a tutto tondo, raffinata, mai volgare, e potenzialmente godibile a vari livelli: uno di divertimento esplicito e un altro, più o meno subliminale, che rivela un’ineluttabile amarezza di fondo, uno specchio dei nostri tempi.
Ho trovato divertente il fatto che, alla fine della sua movimentata vicenda che lo porta prima a Roma e poi in America, il protagonista non si lasci sopraffare dalla tentazione di rincorrere ancora il suo sogno, ma decida di tornare in paese dai suoi amici decisamente maturato, dopo avere compiuto dei passi avanti come uomo. Di conseguenza, anche i suoi amici maturano con lui: arriva finalmente per tutti una sorta di presa di distanza dal mondo da copertina di rotocalco che tutti loro hanno sempre sognato; si intuisce che da allora in poi saranno pronti a suonare per il puro piacere di farlo, e non necessariamente per l’ambizione del successo ad ogni costo.

Il trio anni Ottanta Cicala, Ciola e Corrente

sabato 26 marzo 2011

Roberto De Francesco racconta Gustavo Bacelli

Il personaggio che interpreto, Gustavo Bacelli, è un giornalista specializzato in gossip e cronaca rosa e, come molti personaggi di questo genere di questi anni, usa nel suo mestiere molta perfidia e molta melensaggine: la prova di identità di persone simili è quella di occuparsi minuziosamente del nulla, per avere la prova di esistere.
Gustavo è una sorta di biografo al contrario che segue ovunque Talita (Belén Rodríguez), con una perizia maniacale da segugio: la provoca, la “sfotte”, la perseguita con domande insinuanti sui segreti della sua vita privata. Ma se da un lato critica e stigmatizza la condotta e le scelte della ragazza, dall'altro vive per lei e grazie a lei. Essendo lui un personaggio fastidioso che le sbuca davanti dovunque vada, Talita ha nei suoi confronti un atteggiamento di insofferenza ma anche di acquiescenza, perché comunque in qualche modo lui le serve, e fa il gioco della costruzione della sua identità di icona.
Nel costruire il personaggio con Eugenio Cappuccio, avevamo pensato di guardarlo con "serio divertimento", senza farlo diventare una macchietta: io l’ho considerato sempre con una certa simpatia, convinto che non fosse il caso di descriverlo nel suo cinismo bieco. Ho cercato di affrontarlo privilegiando il sorriso, sapendo che avrei dovuto muovermi all’interno di una commedia che ambisce ad essere sofisticata.
Eugenio è un grande regista di commedia, con un suo sguardo originale ed uno stile di costruzione dei film molto personale: in questa occasione, credo abbia privilegiato un certo deglutire amaro, uno sguardo di malinconia e un po’ di quella sana cattiveria che è in linea con la tradizione della nostra migliore commedia di costume. 





venerdì 25 marzo 2011

Francesca Faiella racconta Terry

Eugenio mi ha chiamata a fare il ruolo di Terry chiedendomi una trasformazione fisica importante: dovevo trovare una femminilità opposta alla mia e un' attitudine arcigna e silenziosa che mi è tanto lontana nella vita di tutti i giorni. Se ce l'avessi fatta il ruolo sarebbe stato mio. Come costruire un personaggio silenzioso e forte al fianco di una bella e prorompente Talita Cortes/Belen Rodriguez?
Ho subito pensato ad una signorina Rottenmeier del nuovo millennio con un bon ton internazionale da fashion victim molto snob. Ricordo durante le prove costumi un giorno di aver proposto ad Eugenio una Terry molto severa, in tenuta maschile ma con un fiammeggiante rossetto rosso sulla bocca e il suo netto rifiuto: "Niente! Niente fronzoli per te! Tutto ciò che luccica, che palpita è per Talita".
Lì tutto è stato chiaro ed è cominciato il mio divertimento sul set con un Eugenio soddisfatto e sempre più sornione pronto ad essere stupito dai più piccoli dettagli. Terry infatti non è la migliore amica di Talita ma neanche solo la sua segretaria, è qualcosa che sta nel mezzo: un assistente personale. Terry dunque è l'efficenza, il motore silenzioso onnipresente. Un "orologio svizzero" che organizza, istruisce. Protettiva ma anche un po' sarcastica ha per la sua star una devozione a pagamento, una stima particolare. Sicuramente è la prima fan di Talita e vuole che il successo della sua assistita diventi sempre più grande. Pensa solo ai suoi interessi e le da consigli cercando con ironia di orientarne le idee quando diventa evidente l'attenzione che Talita rivolge al rozzo e buffo Piero Cicala... Può Terry essere segretamente innamorata di Talita?


giovedì 24 marzo 2011

La cara, vecchia pellicola e l'emozione del digitale ad alta definizione

Eccoci qua. La lavorazione del film è quasi finita. Che cosa manca?
Non manca nulla perchè in questo momento Filippo Corticelli è impegnato come un sommergibilista che punta l'obiettivo a dare giusta forma ai colori del film e spremere al meglio dal supporto digitale l'immagine che andrà su pellicola.
E non manca la collaborazione di quanti stanno lavorando alacremente per riuscire nell'obiettivo dell'uscita del 15 aprile con gli amici di Medusa.
Sì, perchè ancora bisogna andare su pellicola, nonostante il film sia girato in elettronica ad alta definizione, nonostante il film sia un "file". Un processo complesso e delicato.
I cinema sono ancora attrezzati con i proiettori analogici, quelli identici ai magnifici scatoloni fumosi e bollenti, affascinantissimi, ai quali abbiamo legato il crescere del nostro immaginario, la cabina di proiezione.  il proiezionista...

  la "cabina" ieri/oggi

Macchine centenarie che presto lasceranno il posto ai meno emozionanti proiettori digitali ad alta definizione, che consumano meno, non fanno rumore, fumo, traggono i dati da uno scatolotto nero sigillato e comandato da un barcode, il DCP, programmato da un computer che ne tutela anche la inviolabilità, l'orario di proiezione...

proiettore Digital Cinema

Insomma, il film girato ha ancora il diritto-dovere di finire su celluloide per tutti quegli spazi, ancora numerosi, dove la tecnologia ancora non ha soppiantato il vecchio sistema. Ma il destino di quel processo è segnato.

  la "cabina" oggi/domani

Una volta corretto il colore dunque, il file-film viene "recordato" e scannerizzato per produrre un negativo, e da quello le copie per le sale analogiche, e se vogliamo così sancirne la quasi immortalità fisica. Contemporaneamente però per quei cinema forniti di Proiezione Cinema Digitale, il film finisce nello scatolotto nero e prenderà la sua strada per gli scenari che ho descritto. È meglio, è peggio, giusto, ingiusto. Non lo so, so solo che non è soltanto il futuro.
Il futuro è già presente e con questo film abbiamo davvero molto osato, provocato, sollecitato. Come ogni impresa unica, e che dà inizio ad un nuovo protocollo, le sorprese, le paure e anche le grandi soddisfazioni, non finiscono mai. Il tempo ti rincorre, come la necessità step by step di "surfare" i nuovi processi di produzione e postproduzione, inventandoti soluzioni mai applicate, scoprire escamotages.

canon D7 con trasmettitori

Girare con queste macchine fotografiche attrezzate come sapete, i "droni", come li battezzò la notte prima delle riprese del film lo stesso Corticelli tanto preoccupato quanto, da gran marinaio, eccitato all'idea di essere dei pionieri, non è stata un'impresa facile, e neppure tutta la postproduzione, con le sue novità tecniche e tecnologiche provocate dal nuovo sistema. Ma una cosa è certa: senza battere ciglio lo rifarei. La fotografia e la pasta di questo film me ne danno ragione credo... a voi giudicare quando lo vedrete.


Voglio ricordare che prima di questo ultimo passaggio, il materiale in alta definizione subisce la "color correction" presso i laboratori di CinecittàDigital e quindi il processo continua nel dipartimento Sviluppo e Stampa, dove si cura la realizzazione delle copie analogiche, le più familiari "pizze".

Cinecittà Digital

Ho passato due impegnative ma fantastiche settimane con gli amici della Fonoroma per il mix audio del film.

Fonoroma

Cioè il lavoro di messa insieme, equilibratura, definizione di tutte le componenti della colonna sonora, presa diretta (le voci degli attori), gli effetti (tutti i rumori che vengono enfatizzati e ricostruiti dal rumorista) e naturalmente le musiche.
In questa struttura storica, la Fonoroma appunto, sono nati film importantissimi.


Nella foto che vedete si esprime il meglio delle facce stanche dopo due settimane di sala mix! Ma anche soddisfatte per la fine del lavoro e la sensazione di aver fatto il massimo per il film, per dargli suono, voce, musica, colore acustico emozionante, reale, o fantastico che sia, per dare al film le ali.
Alla Fonoroma si dà forma e sostanza alla parte ultima del film, dal montaggio alla masterizzazione del suono definitivo del film, al doppiaggio. Là si respira, ancora, cinema, nonostante oramai la percentuale del "lavorato" sia a stragrande vantaggio della produzone televisiva, ma tant'è. Quando alla Fonoroma "entra" in lavorazione il film, e parliamo di film per il cinema, senti un'altra vibrazione attorno a te, senti la voglia di fare e dare al massimo che caratterizza il personale di questa storica cooperativa che ha fatto la storia dell'intrattenimento cinematografrico italiano. Vorrei ringraziarli tutti per quanto hanno fatto e fanno, a Cinecittà, alla Fonoroma, per questo film, e la lista sarebbe lunghissima.
Ci sentiamo prestissimo!
Cap