mercoledì 6 aprile 2011

Antonio Avati racconta com'è nata l'idea del film

Antonio Avati con Claudio Trionfera alla conferenza stampa sul set
L’idea del suo soggetto che ha dato l’impulso a questo film mi è venuta in mente guardando il programma-revival di RaiUno I migliori anni, presentato da Carlo Conti: ho immaginato che possa realmente accadere che un ex cantante in disarmo, stempiato, con la pancia e i capelli finti, “ripescato” occasionalmente in tv per un giorno in una trasmissione di vecchie glorie, aiuti a salvarsi da un’aggressione mediatica nel suo albergo la superstar mediatica più bella e desiderata del momento che, ingenua e ignara del nostro show business, lo scambia per l’artista italiano più in auge ai nostri giorni... Il messaggio è piuttosto semplice nella sua filosofia e nella sua attualità: non è sufficiente, come i reality da tempo intendono far credere, apparire o ritornare in tv perché la vita intorno a te venga sconvolta portandoti dalla più profonda polvere al più imprevedibile altare…
Ho scritto un soggetto di 50 pagine insieme a Claudio Piersanti, il cui agente Gianni Antonangeli ci ha aiutato sia per il cast sia per la regia, suggerendoci Eugenio Cappuccio, che poi abbiamo incontrato dopo aver visto il suo recente Uno su due con Fabio Volo, convincendoci subito che si trattava della scelta giusta.
Il suo coraggio è stato l'accettare un’idea e un soggetto non suoi - anche se poi ha partecipato attivamente alla sceneggiatura - e di mettersi in gioco con una commedia, andando oltre le sue opere piuttosto autoriali e con temi forti in campo.
Credo sia stato importante aver pensato a una situazione molto lineare da un punto di vista cinematografico, attraverso una storia elementare che capirebbero anche i miei figli di 10 e 12 anni, e che può somigliare ad una tipica favola del cinema americano nei cui personaggi e situazioni ci ritroviamo tutti perché proposti in maniera credibile.
In questo caso, però, lo stile della regia e dell’interpretazione sono tipicamente italiani: la piccola novità nella nostra filmografia è la scommessa di dar vita ad un film che non somigli ad altre commedie di successo del momento, ma che cerca di essere comprensibile ed accattivante, senza eccessi di letture sociologiche e intelligente, e senza avere l’ambizione di essere particolarmente raffinato o colto. 
Per il ruolo della protagonista pensavamo a una superstar a tutto tondo alla maniera di Paris Hilton: ma rendendoci conto che non sarebbe stato semplice coinvolgere in un progetto italiano un’attrice americana di fama internazionale, a causa del nostro budget medio-basso, abbiamo immaginato nel copione un’ispanica che abita negli Stati Uniti.
il produttore Antonio Avati
Quando mio fratello Pupi ci ha suggerito l’ipotesi di Belén, è piaciuta a tutti: in più, proprio lei ci ha convinto subito una volta che l’abbiamo conosciuta, presentandosi come una ragazza intimidita, rispettosa, quasi a disagio rispetto al tipo di cinema d’autore che le veniva proposto per la prima volta. Questa modestia, e questo suo modo di essere così attento e rispettoso dei nostri suggerimenti, ci ha conquistati.
Credo sia stata molto gratificata da questa esperienza, le abbiamo chiesto di dar vita ad un suo clone, ad una sorta di sua gemella leggermente al negativo, anche se nel film il personaggio ha degli aspetti molto umani: la Talita Cortès che interpreta le somiglia, e lei lo ammette con molta autorionia.
Per quanto riguarda Emilio Solfrizzi, è stato un incontro più che positivo, direi sorprendente: non lo conoscevo bene; sapevo che era stato recentemente l’interprete in tv di Love Bugs e di una serie di successo come Tutti pazzi per amore (era l’idolo di mia moglie e di mia suocera…), ma non immaginavo che fosse un attore così fine, misurato, sensibile e “cinematografico”.
È un animale da set, un maestro finissimo di reazioni, controscene, sguardi, sfumature: Emilio non è bravo solo quando recita le sue battute davanti la cinepresa, ma lo è ancora di più quando reagisce fuori scena alle battute di qualcun altro. Credo che in questa occasione abbia acquistato diversi meriti sul campo, grazie ad uno studio e un lavoro su se stesso esemplari, e a 360 gradi. Sono certo che sarà considerato presto uno dei nostri migliori attori in assoluto: è ancora tutto da scoprire.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

da questo racconto mi pare che ancora ci siano i prottori artigiani di una volta... Resisteranno? Grazie per questo blog e per tutti i racconti, emiliano

Anonimo ha detto...

uno su due è suo! allora sono molto curioso di vedere questo film. Anche se Belen ancora non mi convince molto.
Speriamo che io possa ricredermi vedendola sul grande schermo.

Anonimo ha detto...

gli avati sono sempre stati coraggiosi! mio film preferito La casa dalle finestre che ridono...questa è una commedia però chissà...in ogni caso cappuccio è da tenere d'occhio
ciao
miriam da Fosdinovo

isabella ha detto...

Mi ero accorta,anche senza saperlo che questa storia e questo personaggio,Piero Cicala,avevano una forte impronta di Avati.La poeticità del personaggio,la sua tenerezza,in contrasto con il mondo di oggi,un mondo in cui é "l'apparire" quello che prevale,e con il quale però,anche se inizialmente non vuole,Cicala inaggia,coraggiosamente,un po'una sfida.Anche il contrasto con l'altro personaggio (Talita) per la quale all'inizio,si era pensato,non a caso,a Paris Hilton,e all'enorme nulla, che c'é dietro di lei.Come in tantissime altre star estere o di casa nostra.Un nulla ingigantito dalla tv e dal gossip.Ottima l'idea degli interpreti,e di tutte le figure di contorno,molto curate, e naturalmente di un Solfrizzi bravissimo.Sono sempre più convinta che sarà un bellissmo film,ce voglio vedere al più presto!